Il dialogo tra Gesù e Pietro mette in evidenza il contrasto tra il modo di pensare di chi crede che il perdono sia un gesto che può essere ripetuto, ma solo per un numero limitato di volte, e quello invece di Gesù che considera il perdono un’esigenza sempre necessaria («Fino a settanta volte sette»).
La parabola del servo spietato che Gesù racconta serve a spiegare proprio questo suo insegnamento. C’è un re che perdona il grande debito che un servo aveva contratto a seguito di una sua supplica, ma quest’ultimo, pur essendo perdonato, non condona la piccola somma che gli è dovuta da un suo collega. Qual è il significato di fondo di questo contesto? Tutti nella Chiesa hanno un debito enorme con Dio, che è assolutamente impossibile ripagare. Se il padrone infatti lascia prevalere la giustizia, il servo è perduto. E se tutti sono debitori insolvibili, tutti hanno bisogno di perdono e tutti sono chiamati a perdonare. La misericordia è infatti per sua natura contagiosa!
La pagina evangelica odierna ci ricorda che siamo tutti perdonati e che tutti siamo chiamati alla responsabilità nei confronti di chi pecca. Ma, alla scuola del Crocifisso, tutti siamo chiamati a perdonare. «Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori», ripetiamo nel Padre nostro. Chiediamo cioè a Dio di perdonarci, perché se veramente abbiamo fatto esperienza della sua misericordia e quindi siamo coinvolti nel suo perdono, non possiamo non praticarlo a nostra volta nei rapporti con gli altri. Lo aveva ben compreso S. Agostino che diceva: «Perdonàti, perdoniamo!».
Tempo fa, sugli organi di stampa, mi hanno colpito profondamente le parole di Gemma Capra, moglie del commissario Luigi Calabresi, ucciso da un commando di Lotta Continua il 17 maggio 1972: «Se ci fa caso, Gesù chiede al Padre di perdonare i suoi carnefici. Egli, da uomo, si rende conto di non poter perdonare subito. Con quelle parole Dio mi ha indicato la strada da percorrere. Subito dopo l’assassinio di Gigi io mi sono sentita alleggerita perché Dio aveva perdonato subito al mio posto e io ho potuto compiere il mio cammino con calma. Cammino che poi ho voluto condividere con altre persone attraverso le testimonianze e, ora, anche questo libro (La crepa e la luce, Mondadori 2022). Era giusto spezzare quella catena di odio e violenza con parole d’amore. L’arcivescovo di Milano, il cardinale Colombo, ai funerali disse che il necrologio era un fiore posato sul sangue di Gigi che non sarebbe mai appassito e avrebbe dato frutto». Parole rare di questi tempi e un commento quanto mai attuale alla pagina evangelica odierna.