- San Valentino, un’occasione per riflettere
- sulla relazione più intima che ognuno di noi ha:
- quella con sé stessi.
Quante volte vi è capitato, specialmente in una giornata come questa di sentirvi tristi, giù di morale, sottotono… magari focalizzando la vostra attenzione sulla relazione che non avete oppure che non ritenete essere soddisfacente… o ancora, su quella persona che sentite di aver deluso o che pensate vi abbia tradito.
A prescindere da quanto ci si ripeta che San Valentino sia una festa consumistica e priva di valore “sostanziale”, ognuno di noi nel suo intimo ne subisce in un certo qual modo l’influenza.
Il 14 Febbraio è una festa risalente all'epoca romana, quando, nel 496 d.C. l'allora papa, Gelasio I, volle porre fine ai lupercalia, gli antichi riti pagani dedicati al dio della fertilità Luperco. Questi riti in origine si celebravano il 15 febbraio e prevedevano festeggiamenti sfrenati, apertamente in contrasto con la morale e l'idea di amore dei cristiani. Il momento saliente della festa si aveva quando le matrone romane si offrivano, spontaneamente e sotto gli occhi di tutti, alle frustate di un gruppo di giovani nudi, devoti al selvatico Fauno Luperco. Tale usanza sembra che coinvolgesse perfino le donne in dolce attesa, convinte che un simile rito sarebbe stato di buon auspicio al nascituro. Per "battezzare" la festa dell'amore, e mettere fine a questa usanza tanto violenta, Papa Gelasio I decise di spostarla al giorno precedente – giorno dedicato a San Valentino.
Valentino nacque nel 176 d.C. e, appena ventunenne, venne investito Vescovo da Papa Feliciano. La sua vita fu segnata da importanti opere e tra queste, quella che lo rese famoso e particolarmente caro agli innamorati fu la celebrazione del matrimonio tra il legionario romano Sabino e la giovane cristiana Serapia, malata terminale di tisi. I due giovani, racconta la leggenda, una volta ricevuta la benedizione del loro amore, caddero in un sonno profondo e vi rimasero per l’eternità, diventando il simbolo dell’unione sacra.
Valentino, nonostante i miracoli che riuscì a compiere ancora in vita, venne decapitato. Morì martire il 14 febbraio del 273 d.C.
Fin dalle origini di questa festività, non può certo venire in secondo piano l’essere portavoce di una duplice faccia della medaglia: l’amore, così come le relazioni sono per eccellenza espressione di un’infinita via di sfumature che si muovono lungo un continuum con agli estremi due polarità.
Riconoscere questo aspetto della relazione, accettare ed accogliere dentro sé stessi questa dualità è il primo passetto che ognuno di noi dovrebbe fare per poter migliorare dal punto di vista qualitativo il proprio rapporto con gli altri… e in primis, con sé stessi.
Spesso, siamo così concentrati su di noi, sulle nostre ragioni, sul nostro sentire… che dimentichiamo che esiste l’Altro, il suo mondo, le sue emozioni, le sue paure.
A tale proposito, mi farebbe piacere condividere con voi un passo tratto dal libro “Messaggio per un’aquila che si crede un pollo”, di Anthony de Mello:
“La prima cosa che voglio capiate, se davvero intendete svegliarvi, è che non volete svegliarvi.
Il primo passo verso il risveglio è essere sufficientemente sinceri da ammettere di fronte a se stessi che non è piacevole. Voi non volete essere felici.
Che ne dite di sottoporvi a un piccolo test?
Proviamo: ci vorrà un minuto esatto. Potete chiudere gli occhi, mentre lo fate, oppure potete tenerli aperti: non ha grande importanza.
Pensate a qualcuno che amate molto, qualcuno a cui siete vicini, qualcuno che vi è prezioso e provate a dire a quella persona, nella vostra mente: «Preferisco la felicità a te».
Osservate quel che accade. «Preferisco la felicità a te. Se dovessi scegliere, non avrei dubbi: sceglierei la felicità».
Quanti di voi si sono sentiti egoisti, pronunciando questa frase? Molti, a quanto pare. Capite fino a che punto siamo stati sottoposti a un lavaggio del cervello? Il risultato è che ci costringono a chiederci: «Come ho potuto essere tanto egoista?».
Ma pensate un attimo a chi è veramente egoista. Immaginatevi qualcuno che venga a dire a voi: «Come hai potuto essere tanto egoista da anteporre la tua felicità a me?».
Non vi verrebbe forse da rispondere: «Scusa tanto, ma come puoi tu essere tanto egoista da pretendere che anteponga te alla mia felicità!?».
Una donna mi disse, una volta, che, quando lei era bambina, un suo cugino gesuita aveva organizzato un ritiro nella chiesa gesuita di Milwaukee. Egli apriva ogni incontro con le parole: «La prova dell’amore è il sacrificio; la misura dell’amore è l’altruismo».
Splendido! Le chiesi: «Vorresti che io ti amassi a costo della mia felicità?» «Sì» rispose lei.
Non è una situazione deliziosa? Non sarebbe meraviglioso? Lei amerebbe me a costo della sua felicità e io amerei lei a costo della mia felicità. E, così, avremmo due persone infelici … ma viva l’amore!”
Spesso siamo così tanto concentrati nella valutazione di quanto accade, nel pesare ciò che diamo rispetto a ciò che riceviamo, nel riflettere se una cosa è stata fatta bene o male… che, nel giudicare e nel razionalizzare perdiamo di vista ciò che dovrebbe essere più importante in una relazione: il sentire.
Assorbiti dalle nostre convinzioni, dalle nostre aspettative, a testa bassa andiamo avanti durante le nostre giornate certi che l’altro debba venire prima di noi stessi se davvero gli vogliamo bene e sicuri che, allo stesso tempo, anche noi dovremmo essere la priorità per coloro che dicono di volerci bene.
Ma quante volte ci fermiamo per ascoltare come stiamo, cosa proviamo, quali sono le nostre emozioni. Convinti che assecondare noi stessi sia una forma di egoismo, proiettiamo sull’altro tutto ciò che vorremmo ci venisse restituito, tutto ciò che vorremmo essere, tutto ciò che sentiamo mancarci… e lasciamo che l’altro si carichi della responsabilità di doverci rendere felici.
Come disse Gesù molto tempo fa, “Ama il prossimo tuo come te stesso”, né più, né meno, COME… e così come esprime in modo efficace l’autore Padre Anthony de Mello, S.I., gesuita, scrittore e psicoterapeuta indiano, non esiste amore felice se ognuno non si assume la responsabilità di salvaguardare la propria felicità, il proprio benessere. Tutto parte da noi.
E allora, nella giornata degli Innamorati, a prescindere che tu sia sposato, fidanzato, single… facciamo insieme un esercizio da riproporci poi nei giorni a seguire le “3A”: 3 volte al giorno ripetiamoci il buon proposito verso noi stessi di Ascoltarci, Accettarci, Amarci e lasciamo che la felicità delle nostre giornate sia una responsabilità nelle nostre mani, non il risultato di qualcosa che ci arriva dall’esterno. Magari per caso.
Scritto da Giulia Di Sipio, Diplomata in Counseling Relazionale (iscrizione albo nazionale An.Co.Re n.275), nel 2013, specializzata in Counseling Gastronomico, Consulente Genitoriale, da anni collabora come volontaria con l'Associazione Orizzonte Onlus (www.associazioneorizzonte.it) nelle sue attività per facilitare l'inclusione e l'autonomia dei ragazzi diversamente abili, promuovere iniziative volte a sostegno delle famiglie con disabilità potenziare le occasioni di lavoro per una buona genitorialità.
(Giulia Di Sipio)