LO SPIRITO SOFFIA DOVE VUOLE
Nella pericope odierna l’evangelista menziona un colloquio privato tra Gesù e i suoi discepoli. Il racconto è infatti ambientato in casa. Giovanni, che è uno dei tre più vicini a Gesù, racconta un’esperienza che essi hanno avuto: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Come si vede, l’impedimento al compiere l’esorcismo è dato dal fatto che questo tizio non era membro del gruppo dei discepoli.
Gesù dà altri criteri di valutazione e corregge i suoi discepoli: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di noi è per noi». Dicendo questo egli riconosce che anche altri, al di fuori della sua cerchia più stretta, possano perseguire le stesse finalità da lui proposte ai suoi discepoli. Il fatto che essi facciano uso del suo nome indica la loro sintonia con il suo messaggio. Nei loro confronti egli richiede la massima apertura e disponibilità, perché l’impegno per il regno di Dio si manifesta anzitutto nella capacità di lottare contro il potere del male in stretta collaborazione con tutti coloro che perseguono le stesse finalità. La stessa apertura viene raccomandata ai discepoli nei confronti di quanti, chiunque essi siano, danno da bere anche solo un bicchiere d’acqua ai discepoli nel nome di Gesù e proprio per la loro qualifica di discepoli.
Allo stesso tempo il Maestro insegna concretamente ai discepoli come considerare il rapporto con chi non è dei loro e come agire in questo ambito: mette in guardia dallo scandalizzare, ossia dall’indurre in errore, soprattutto i piccoli, cioè le persone comuni e semplici. E quanto questo modo di agire sia cattivo, Gesù lo spiega in modo drastico (attraverso un discorso cosiddetto iperbolico) a chi se ne rende colpevole. Chiaramente Gesù non esige dai suoi che siano perfetti, ma piuttosto che sappiano ritornare sempre a ciò che costituisce il fulcro del suo messaggio, senza scendere né in teoria né in pratica a compromessi con la mentalità di questo mondo. In gioco c’è la fine del cammino, il destino definitivo dell’uomo: o egli entrerà nella vita, nel Regno di Dio, oppure la sua meta è il fuoco inestinguibile.
Commenta così queste parole di Gesù il card. Martini: «Apre le porte a Cristo chi si mette nella sua posizione, chi impara ad amarlo e ad amare con Lui e in Lui ogni altro uomo, ogni altro gruppo, razza e popolo. Le porte chiuse a Cristo sono quelle del razzismo, delle diffidenze, delle chiusure mentali, l’entrare nella ruota dannata delle contrapposizioni, per cui io non posso definirmi se non contro qualcuno».